domenica 31 agosto 2008

Quando mi chiama



Mi chiama solo quando sta cagando..

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mercoledì 27 agosto 2008

Caz che ho lasciato i polmoni in Sardegna




Arrivo a Roma che il computer ingoia un virus. Pure lui è allergico al rientro dalle vacanze. Entro in casa e capisco per quale motivo nell’ultimo mese e mezzo non ho acceso la televisione. La spengo e vago un attimo smarrito tra gli 80 metri quadri di un appartamento che non sento mio, tanto meno quando cè da pagar l’affitto. La verità è che il posto nel mondo forse l’ha trovato Volo, io osservo, confuso e traballante. In compenso ho trovato due bagni puliti e mi ci sono adagiato un attimo, così, per respirare. Certo la cacca a casa mia era stata un’altra cosa. Sarebbe bastata una virgola e non sarei più tornato indietro. Ho respirato Montenegro e lunghe conversazioni, passeggiate e spiagge notturne e mattutine. Ho respirato aria condizionata in un tabacchi di gente che vuole sempre “Un miliardario da 5 euro vincente” e “Marlboro da 20 che non facciano male”. Ad ogni battuta rispondevo con un sorriso. Ogni sorriso corrispondeva ad un vaffanculo. Un vaffanculo gentile, sia chiaro. Del ritorno a Roma ho amato certi visi buffi, certi sguardi dolci, certe persone intelligenti che io a confronto sono piccolo piccolo. Ho odiato la tv, internet e facebook con la sua ignobile ipocrisia. Ho odiato la mia di ipocrisia, la mia di confusione, nell’estate ranicchiata nel ripostiglio profondo del tabacchino di Arbatax. Volevo scrivere, non fare la fotocopiatrice e marcire in qualche squallido schifosissimo giornale. Ad un certo punto c’erano delle decisioni da prendere. Avevo passato il tempo a rimandare, cullato dalla vita, capito da pochi perché da pochi mi era interessato farmi capire. Salito sul carro a remi mi era mancato tutto per un secondo e tutto il resto mi era sembrato un sorriso carico di vaffanculo.

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domenica 17 agosto 2008

Chiappe bianche



15/08/2008
Ora che è nuda la guardo con un occhio diverso. E' ferragosto è non abbiamo comprato neanche due pesche per placeare gli spasmi famosi di Smilzo. Cadau di concede una ricca e sana colazione mentre Melania ci bestemmia da dietro gli occhiali scuri, posata su quel gommone che non può partire fino a che non arriviamo tutti. - Cazzo le pesche per smilzo - Mi viene da pensare mentre Cristian parte da lontano con l'idea di vedere Melania come mamma l'ha fatta. Conosce il marito Claudio, che è ricco ma talmente ricco che alla fine Melania l'ha sposato. Le cale son stupende. Mancano le pesche per Smilzo e qualcuno che sappia contare bene prima di comprare i panini. - Cazzo che palle - Penso mentre Claudio ci racconta della Porsche e dei suoi investimenti miliardari. Melania beve e racconta. - Cazzo che palle - penso mentre svogliato mi sorgono dubbi sull'amore che governa la coppia. - Cazzo che topa - penso mentre Melania mi dice che sono un ragazzo profondo. Cristian mi guarda e si sente pronto. Io lo guardo e mi sento pronto. - Sono le quattro e Melania e Claudio hanno il cervello che galleggia nel montenegro. - Potremmo distrarli e rapinarli - penso mentre Melania mi dice che ho la faccia da bravo ragazzo. Il Bagno nudi è una liberazione. - E poi ora che è nuda la guardo con un occhio diverso -. Penso mentre Claudio bestemmia perchè la moglie è nuda e ubriaca tra 4 strani sconosciuti sardi. Giovanni gira, gira, gira fino a quando non si perde. Minchia quanto gira Giovanni. Giovanni è una giostra che gira. Il freddo non aiuta, abbasso la testa e mi copro con la mano. Ne basterebbe metà. Abbasso la testa e mi copro con metà mano. Ne basterebbe metà della metà. - Cazzo come son messo male - penso, mentre mi auguro sia solo e soltanto colpa del freddo. Claudio non si è mica reso conto. Melania per un attimo ha gettato maschera e mutande. Nudi nell'acqua alle 4 e mezzo del mattino siamo tutti uguali. Guardo Claudio e penso che siamo quasi tutti uguali. Melania si riveste e rimette la maschera perchè domani è un altro giorno e l'immagine è importante. - Cazzo le pesche per Smilzo - penso prima di crollare in un sonno eccitato.

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sabato 9 agosto 2008

Liberi di essere


Ve la prendete con me solo perché sono un fottutissimo finocchio. Perché mi piace baciare gli uomini con la barba e stringergli con la mano il culo mentre tremanti mi guardano fisso negli occhi. Ve la prendete perché vomito a guardare i seni strizzati in un corpetto pornografico e i culi rotondi stretti in un paio di fusò bianchi a coprire il perizoma nero affondato tra due chiappe. Ve la prendete e m’insultate bastardi perché da piccolo giocavo con le barby con le mie compagne, mi piaceva il rosa e raccoglievo i fiori. Ve la prendete perché non ho mai preso a calci un pallone, non m’importa niente delle macchine e sotto i vestiti da figo porto completini da troia. Mi mettete le mani addosso perché sono gracile come una signorina, perché copro la barba con il fard, canticchio canzoni che neanche Malgioglio. Camminate spalle al muro quando passo per la strada. Urlate frasi oscene. Ridete, con violenza ridete. Che sogno di merda.

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mercoledì 6 agosto 2008

Brevemente




Finalmente a pesca. Fucile pinne ed occhiali servono solo a far fare quattro risate ai pesci. Niente di niente, solo un verdoncino spezzato in due e finito sotto uno scoglio. Il resto è una sinfonia leggera e importante, quasi silenziosa, delicata e forte allo stesso tempo. Neanche un pensiero paranoico. Tutti a Roma. Qua godo in silenzio. Minchia quanto godo.



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venerdì 1 agosto 2008

Sotto il segno del sogno




Va bene lo ammetto, il fisico non è certo quello di una volta. Una volta, se possibile, era anche peggio mentre ancheggiavo tra un palleggio e una rovesciata sulla spiaggia. Correvo, certo, anche e soprattutto se c'era da scappare da qualche calcio volante di Spantega. Io avevo comunque poche gambe, lui aveva per fortuna pochissimo fiato e così me la cavavo, a volte. I giorni ad aspettare che Bari Sardo si popolasse erano passati sotto il segno di un tempo perduto nei sogni, come da bambini, che un giorno le cose potessero cambiare. Il futuro sembra radioso fino a che non ci si mette un piede dentro, allora c'era da rimboccarsi le maniche e provocare il presente. Avevo cavalcato Jimmy e lei aveva trottato su strade male asfaltate e sentieri immersi nel nulla. L'idea di un uomo alto quanto un lavandino, sporco e sudicio, silenzioso e rude con in mano una mammella piena di latte di una pecora bianca a chiazze nere in mezzo a migliaia di palline di merda di centinaia di pecorelle belanti e accaldate. - Questo credono di trovare alcuni turisti - penso mentre costeggio Nuraghi ancora in piedi mete di Indiana Jones milanesi in cerca di tesori mai trovati. Sono naufragato in quest'isola dopo nove mesi di nuotate dentro il ventre di mia madre. Sono naufragato in quest'isola e mi ci sono affezionato. Non perchè sia un paradiso, solo perché ci sono naufragato e cresciuto. L’ho odiata a volte, mi è sembrata piccola, arida. Ma quando son tornato mi son sentito a casa. Non per la natura incontaminata ma perché ci ero naufragato tanti anni prima. Jimmy mi porta lontano, in discesa sfiora i 107 km orari e balla, balla, cazzo quanto balla da una parte all’altra in balia del vento e della velocità mentre autocarri e volpi e mi sorpassano con una stabilità che mi sembra di non avere mai conosciuto dentro questa scatola. Jimmy balla e inizio a sentire un odorino di bruciato mentre costeggio spiagge bellissime testimoni di inverni lunghissimi e monotoni in mesi in cui Milano e Bergamo producono soldi e programmano vacanze sulle spiagge affacciate su mari splendidi e bianchi. I mari sono splendidi e bianchi. Le spiagge grandi e pulite. I sardi sudici e bassi. I maialetti arrosto. Le pecore tante. Nessuno li ha sporcati i mari di questa dannata isola senza giovani nei lunghi monotoni inverni. Jimmy accosta un attimo, siamo quasi arrivati. Il tempo di una pipì tra erbacce secche, poi ripartiamo. Direzione Fertilia. Calippo atterrerà lì. La carico in macchine e le dò un buffetto sulla guancia. Jimmy è stanca, sente il peso delle valige posate nel sedile di dietro. Le bagno un po’ il vetro anteriore per rinfrescarla. Poi la incoraggio. Abbiamo alcuni giorni ancora davanti a noi. Poi si torna a sognare, a Barisardo, che le cose un giorno possano cambiare.

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