venerdì 31 ottobre 2008

La madre dei miei figli



Quando l’avevo conosciuta già parlava un sacco. Avevo avuto poche ragazze che parlavano un sacco. Alcune parlavano ed era come fossero pesciolini in un acquario, le guardavo ma non sentivo un cazzo. Alcune parlavano e le sentivo e avrei voluto fossero pesci rossi in un acquario. Che carine, in un acquario, sarebbero state carine. Stefania un giorno mi aveva lasciato dicendomi che non mi amava più.

– Perché? - le avevo chiesto
– Perché ti ho tradito – mi aveva risposto sorridendo
– Con chi? – ero riuscito a dire con due litri e mezzo di saliva incollata alle tonsille
– Con una persona che conosci bene – e aveva allargato le labbra mostrandomi denti bianchi e ben disposti
Puttana – mi era scappato ed ero caduto in depressione convinto di aver perso la donna più importante della mia vita – Vai a farti scopare da quell’altro – avevo aggiunto convinto questo potesse farle cambiare idea. Invece ci era andata davvero e non se ne era affatto pentita.

Le donne sono delle grandissime rompiballe fino a quando non ti lasciano e diventano all’improvviso esseri perfetti con cui vorresti circondarti di figli

- Non la sopporto più, non mi importa di lei, mi voglio divertire, sono giovane – e poi ti lasciano e ti senti morire. Respiri, ti riscopri Buddhista a momenti, poi la richiami con una voce struggente
- Amore torna, io ti amo, non vivo senza te – dici umiliandoti
- No – ti risponde
- Puttana, vai a farti scopare da tutti gli altri – ricalchi pensando di farla sentire in colpa mentre lei lo fa e ne va pure un po orgogliosa.

Mi accingevo a riprendermi mentre tori e stambecchi invidiavano il carico che mi portavo sulla testa.

Quando l’avevo conosciuta già parlava un sacco. Mi aveva raccontato dell’America, della Spagna, di Londra e del suo gruppo. Lei mi raccontava e io mi avvicinavo seduto sul divano spostandomi pian piano come avessi una cicala dentro il culo. Mi avvicinavo piano piano e quando la mia gamba sentivo sfiorare la sua già stavo meglio. L’avevo baciata quando la cicala dentro il culo mi aveva messo in una posizione tale che o la baciavo o sembrava avessi problemi seri alla spina dorsale. Tra le due cose avevo preferito baciarla e lei non aveva battuto ciglio. Avessi baciato il muro mi avrebbe dato più soddisfazione. Aveva approfittato del bacio per riprendere fiato e avevo ricominciato il discorso esattamente dal punto in cui l’avevo interrotto.

- Scusa l’interruzione – avevo pensato sfiorandomi il naso un tantino imbarazzato

Una volta, mentre facevamo l’amore lei mi aveva chiesto di passarle il cellulare che non aveva inserito la suoneria. Quando mi aveva lasciato avevo pensato ugualmente di aver perso la madre dei miei figli. Eppure non mi facevo.

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martedì 28 ottobre 2008

Il silenzio dell'immaginazione



Baggioni mi farà sapere qualcosa e io all’aria aperta posso liberarmi di una giacca ingombrante e scomoda che avevo comprato per farla felice, lei che teneva tanto che io andassi al matrimonio della cugina che si era sposata in un mese caldo di qualche tempo fa.


Passo a prendere Giulia. Stare a casa stasera stava diventando massacrante. Avevo cliccato sul pulsante aggiorna della mail per tutto il pomeriggio nella speranza Baggioni avesse deciso di scrivermi un’email qualsiasi. Fosse stato anche per sbaglio.

Allora chiamo Giulia e l’avviso che sto passando. Facciamo un aperitivo al Mòmart insieme e poi una passeggiata a San Lorenzo, che con tutta quella gente nessuno, li a San Lorenzo, si curerà di noi. Giulia dice che sono una sua amica, che con me riesce a dire cose che neanche alle ragazze riuscirebbe a raccontare. Io non so se questo è un complimento, ma quando me lo dice le sorrido. Non ci siamo mai baciati, solo una volta abbiamo dormito insieme, ma eravamo talmente stanchi che era come avessimo dormito da soli. Giulia mi dice che sono una sua amica e mi racconta dei suoi problemi con il sesso con Pasquale con cui l ha fatto per la prima volta qualche tempo fa.

- Quanto dovrebbe durare? Cioè intendo, è normale che lui spinga per più di un’ora senza venire e io nel frattempo riesca a pensare a tutt’altro? Ieri sera ho ripassato mentalmente le formule di tutta matematica 1 mentre lui mi diceva cose tipo che sono una porca, una maiala, che lo eccitavo. Secondo te dovrei dirglielo? Cioè dovrei dirgli che non sento un cazzo o si offenderebbe? Tu ti offenderesti? –

I prezzi del Mòmart sono eccessivi per quello che porto stasera dentro il portafoglio. Devo aver speso più di quello che pensavo e ho il dubbio che quando arriverà il conto Giulia mi vedrà impallidire, anche perché lei non porta mai soldi con se quando usciamo insieme. Sono la sua amica, per cui pago sempre io.

- Ma mi stai ascoltando? –

Mi avvicino e la bacio sulle labbra – Hai sentito qualcosa? Te lo aspettavi? Penso che dovresti iniziare anche tu a sorprenderlo invece di stare sempre a lamentarti di quello che fa. Se tu non l’aiuti non troverete mai la strada giusta per imparare ad amarvi –

Giulia mi guarda come se avessi detto qualcosa di intelligente. A volte dico delle cazzate che Moccia mi fa un baffo. Giulia ha 22 anni, da poco tempo è fidanzata con Pasquale e non ha idea di cosa sia il sesso. La ribacio – Poi risorprendilo - dico, ma non so neanche io quello che sto dicendo.

- Ho male a una gamba. Puoi andare in macchina e portarmi la giacca? Sento freddo – dico

La macchina l’ho parcheggiata duecento metri più avanti. Chiamo la cameriera e chiedo il conto.

- Te lo porto subito – mi dice, ed entra dentro.

Cè un sacco di gente al Mòmart stasera. Appoggio una borsa rimasta sola sopra il nostro tavolino e mi allontano accelerando il passo per quanto posso fino alla macchina. Se pensa sono in bagno guadagnerò qualche minuto. Non ci sono più i camerieri di una volta. Salgo in macchina e dico a Giulia di aver pagato il conto. La radio passa canzoni indecenti. La spengo e sto in silenzio fino al portone di casa sua.

Ho ancora il pedale affondato sul freno e Giulia mi bacia sulle labbra, mi prende la mano e la appoggia sul suo seno – Sorprenditi, ogni tanto – mi dice e ride come una matta. Rido divertito.

Le strade sono deserte fino a casa. Prima di andare a letto clicco quattro o cinque volta per aggiornare la mail e constatare che Baggioni, probabilmente, avrà avuto un sacco da fare in questo lungo giorno. Mi sento stanco. Farfuglio qualcosa sul blog


Poi mi metto a dormire.

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giovedì 23 ottobre 2008

Malagrotta


Quando esco il mal di testa non si placa. E’ come se fossi ancora lì per qualche ora, dentro quella stanza che respinge la luce e mi assorbe tutta l’aria. Vorrei uscire e trovare una montagna enorme e una valle profondissima dei colori della terra. Chiudo gli occhi e respiro a fondo. Sento il ruscello in fondo a valle, qualche animale muoversi pigro tra l’erbaccia secca, sento gli uccelli intonare il loro canto mentre ali piccole e fragili aperte in volo dipingono forme di diverse dimensioni.

Sento l’arrotino e apro gli occhi, passa tutti i giorni e tutti i giorni pretende qualcuno abbia un set di coltelli da affilare. – Ah c’erano tempi in cui non esisteva Miracle Blade – dice – Miracle Blade ha rovinato l’arrotino – dice – Che poi li fanno in Cina – dice scherzoso non sapendo che prima di sentire il suo tenebroso canto dal suo fastidioso megafono c’ero pure io in Cina tra montagne sperdute e volatili in volo – Che il signor Blade sia maledetto - dice

Chiudo gli occhi ed è come se vedessi la montagna enorme di fumo dalla discarica di Malagrotta e una valle profondissima di rifiuti indifferenziati dei colori della merda. Chiudo gli occhi e trattengo il respiro. Sento le bestemmie in fondo a valle, qualche automobilista muoversi piano tra le imprecazioni degli altri, sento gli uccelli intonare il loro ultimo grido e cadere a terra come chicchi di grandine dopo aver dipinto nel loro ultimo volo il loro ultimo comprensibile pensiero – Vaffanculo – dipingono gli uccelli per poi crollare nel cassonetto della plastica, quella che han respirato prima di cadere, in questa calda giornata che diffonde aria, aria di Malagrotta

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martedì 21 ottobre 2008

Portami via



-Mi sveglia sette, otto volte a notte – mi dice Serena tenendosi la testa con il palmo della mano aperto. – Mi sveglia e mi chiede se sono sua, se ho incontrato qualcuno che potrebbe allontanarmi da lui, se ho voglia di invecchiare con lui. Mi sveglia e già dalla terza volta mi verrebbe voglia di alzarmi e di andarmene a dormine in soggiorno. Sono sicura scopa ancora con quella mezza fallita della sua collega di lavoro. Poi torna a casa, mi poggia il suo coso moscio sul mio culo freddo, mi stringe con le mani e pretende certezze come se lui fosse stato in grado di darmele. E poi diciamoci la verità, farebbe bene a tenerseli i suoi dubbi –

- Perché non mi abbracci? – mi chiede
- Perché io con te non ho bisogno di fingere - rispondo e le sorrido
- Non t’ho chiesto di fingere di abbracciarmi, t’ho chiesto di farlo –
La giro e gioco con i suoi capelli. Poi con la mano scendo giù fino alla spalla nuda, la sposto e lei guarda il soffitto in silenzio.

Serena ha 31 anni, da 27 ha perso il padre, da 9 ne ha trovato un altro che ha chiamato fidanzato. Maurizio, il suo compagno, ha rischiato di trovarci nudi nel suo letto un paio di volte. La prima, un pò di anni fa, ha avuto la brillante idea di chiamare Serena pochi minuti prima di tornare in casa. Sono uscito fuori con ancora il preservativo infilato. Infilato male tra le altre cose. L’ho tolto in macchina e sono corso via senza alzare lo sguardo dalla strada tenendolo tra due dita per tutto il tragitto. Sono arrivato a casa che ancora non avevo deciso se i preservativi si buttano nel sacchetto dell'umido o della plastica. La seconda poche settimane fa.

- Mi piace un sacco parlare con te. Mi sai ascoltare - mi dice mentre penso di aver sentito questa cosa da qualche altra parte.

Mi infilo i pantaloni, scosto la tenda della camera con una mano e con un occhio solo guardo fuori per vedere se tutto è tranquillo . La radio suona una melodia impazzita di Allevi che mette allegria e poi tristezza e poi allegria. Il finale mette allegria, allora dormo sereno. E’ tardi. E’ mattina presto. Vorrei svegliarmi con la melodia di Allevi al contrario, vorrei iniziasse dalla fine, potrei spegnarla subito e godermi l’allegria.

Una volta un mio conquilino pedofilo mi disse - L'amore non esiste - ma detto da lui non contava niente. E chissà cosa intendeva per amore lui, fermamente convinto che un ragazzino con le Tartarughe Ninja in mano potesse essere in grado di scegliere consapevolmente cose che alcuni adulti, ancora a volte, non sono in grado di fare.

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Paranoico



Sono paranoico. Da quando è morta Stefania sono paranoico, malato, esaurito, pazzo, stupido, fissato e non ne sono mai più uscito. Non le avevo mai detto che l’avevo vista baciarsi e ridere con quel suo vecchio compagno di scuola. Non gliel’avevo detto perché in quel momento mi sentivo già abbastanza male così. Poi forse gliel’avrei detto, non fosse andata via. Ero diventato completamente paranoico, lo sapevo, ma non avevo la capacità di uscirne. Controllavo tutto di nascosto, il telefono, l’agenda , i suoi spostamenti e tornavo a casa tranquillo solo quando mi rendevo conto era stata una giornata come tante per lei. Allora riuscivo a dormire, ma per dormire dovevo avere tutto sotto controllo. Dopo aver perso la fiducia su Stefania avevo perso anche quella sul resto del mondo. Controllavo tutto anche degli altri. Li mettevo alla prova. Creavo situazioni e dicevo delle cose solo per vedere come si comportavano, come reagivano o quello che dicevano. Spesso su un bigliettino scrivevo cosa avrebbero fatto le altre persone in determinate situazioni, se scrivevo il giusto dormivo poco più tranquillo. Avevo bisogno di controllare il mondo e questa cosa mi faceva comunque stare male. Come la dipendenza dalla droga, dal sesso, dal fumo, dal gioco. Hai bisogno di quella cosa pur rendendoti conto ti fa solo male, ne hai bisogno e basta, ti fa male e ne hai bisogno.

Ero diventato paranoico quando avevo scoperto Stefania con quel vecchio compagno di scuola. Ma ero peggiorato e tanto quando Stefania era andata via. Ora che potevo controllarla stavo ancora più male. Mi scoppiava il cuore a volte, mi sembrava di impazzire. Come quando si è lasciati, quella sensazione di vuoto e nausea che solo il tempo sa portare via. Fossi potuto tornare indietro glielo avrei detto subito e ne avremmo parlato e discusso e ci saremmo insultati e avremmo pianto insieme o le avrei tirato uno schiaffo da farle tremare un dente e mi avrebbe detto – Vaffanculo Luca, Vaffanculo – come mi diceva lei a volte – Vaffanculo Luca, Vaffanculo Luca, Vaffanculo – che invece non l ha detto è quella notte è andata via, senza avvisarmi che probabilmente neanche a lei l’avevano avvisata che sarebbe dovuta andare via e sono diventato paranoico da quel giorno. Neanche a me avevano avvisato. Volevo dirglielo e forse dopo ne avremmo riso un giorno guardando quella storia da lontano. Come negli aerei quando le cose sembrano piccole piccole e ti rendi conto di come agli occhi di Dio tutto dall’alto possa sembrare un gioco. Dio è sereno perché dall’alto sembra tutto un gioco.

Avevo guardato il soffitto e parlato al buio, senza vedere niente e nessuno mi aveva risposto.

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domenica 19 ottobre 2008

Certe Domeniche


Io non voglio che vadano via troppo velocemente. Allora aspetto li con loro fino alla fine. Poi mi allontano silenzioso, saltellando per le scale, come se avessi un appuntamento importante. Mi volto che sento forte lo stridolio dei freni, poi metto in moto e vado via. E' quasi buio e ci sono mille luci degli stop che vedo un pò sfocate, sovrapensiero, qualche nuvola rossastra illuminata dal sole che va via, i fari alti che mi sfilano davanti uno dopo l'altro con altre storie che a volte vanno di fretta non so dove, nè perchè, nè se è vero, eppure a volte mi sembra vadano di fretta. Certe domeniche sfilano via che vorrei aggrapparle per la coda e tirarle indietro con forza e ricominciarle. Certe domeniche sfiliano via che sembrano magiche e ti cullano mentre dormi e si allontanano. Quelle domeniche non puoi spiegarle perchè certe cose ha senso solo viverle non spiegarle, puoi scriverle se le scrivi per te stesso e un giorno rileggendo provare a sentirne un pò gli odori, a vederne un pò i colori, ma se le scrivi per te stesso. Ma devi viverle e tenerle dentro strette che poi torneranno a nascere davanti a qualche nuvola rossastra, in una sera con quella brezza quasi estiva, mentre una persona con la sua storia ti sfreccera davanti veloce o almeno a te sembrerà così, in una sera con gli stop rossi sfocati delle automobili davanti e qualche scemo che non abbassa i fari, sovrapensiero, con dentro il cuore la sua storia da tenere solo per se. Certe volte non ha senso poi spiegarle.

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mercoledì 15 ottobre 2008

Confusione


Non avevo voglia di sentirla sproloquiare parole che non avevano più un senso. Le parole avevano senso se accompagnate ai fatti. Lei le accompagnava, ma ad altri fatti, diversi da quelli che intendevo io, diversi anche da quelli che diceva di intendere pure lei.

- E poi ci conosciamo da così poco - avevo pensato

- Ma io quelle cose te le avevo dette - aveva tentennato lei, ipocrita

E avevo chiuso il telefono. Un buffetto sulla spalla e avevo fumato un bastoncino di liquirizia in balcone. L'avevo tirato su come una sigaretta, poi l'avevo preso a morsi, ormai stufo, e gettato nel terrazzo di quella di sotto che tanto anche se non l'avessi fatto si sarebbe lamentata allo stesso modo. Il bastoncino di liquirizia lasciava un sapore un pò più gradevole delle Marlboro Rosse, le schegge di legno che si infilzavano nella gola lasciavano una sensazione un pò meno gradevole. Avevo guardato la notte seduto a terra, solo, in silenzio, e avevo parlato con me stesso a voce bassa perchè nessuno potesse sentirci e mi ero reso conto di quanto potevo essere confuso, la notte, distratto dal nulla, a dirmi cose che poi il mattino dopo avrei già dimenticato. Il giorno i pensieri erano sovrapposti gli uni agli altri, mischiati ad alcune passeggiate, abbracciati ad alcuni sorrisi, annullati da quell'insieme informe di voci che si accatastava l'un sull'altra. La notte si disponevano in fila, uno dietro l'altro e ti si presentavano davanti beffardi

- Ora come la mettiamo? - mi dicevano dentro la testa
- Ora cosa pensi di fare? - mi dicevano dentro la testa
- Adesso che cidevi affrontare .. - ripetevano dentro la mia testa

Fino a che mandavo tutti a fare in culo, i problemi sono problemi solo se ti convinci che lo siano. Mi ero addormentato tra pensieri incomprensibili.

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lunedì 13 ottobre 2008

Il poliziotto in canottiera


Fa caldo. Mi giro su me stesso e sento caldo. Lunedì 13 Ottobre e sento caldissimo in questo letto. Mi sembra di non potermici staccare. Mi alzo e apro la finestra. Ho provato a dormire ma non ci sono riuscito, questa Domenica è stata lunga, lunga quanto lo sballo per un fuso orario. Mi alzo e accendo il computer. Odio Internet, lo odio proprio nel vero senso della parola. Odio Internet e le community che ci han costruito dentro. So tutto di tutti, so tutto e non so un cazzo. So di Maica che va al Jacky, di Manuela che è in attesa, di Claudio che è appena rientrato, di Paola che manda a fare in culo il mondo. So cose di cui non so niente e di cui non voglio sapere niente. Odio Internet per l'uso malato che ne faccio, drogato come sono, e me ne voglio liberare. Me ne voglio liberare e non ci sono ancora riuscito. Voglio i numeri di cellulare di tutti quelli che mi hanno aggiunto su Facebook. Voglio i loro numeri e voglio vedere se mi chiamano sette, otto volte al giorno per dirmi che vanno a cagare, che stanno per cucinare, che si vogliono suicidare. E voglio vedere quante volte chiamo loro per dire che sto male, che sto bene, che ho caldo, caldissimo Lunedì 13 Ottobre ora che il buio si è impossessato di Roma e Casalotti già da qualche ora. Gli utenti di Facebook non esistono se non mi chiamano e non li chiamo e non li vedo e non le trombo a volte e non mi schiaffeggiano e non mi insultano e non si guardano in questa calda notte che tarda a convocare il sonno. Indosso i pantaloni che ho fottuto a Giovanni tre anni fa ed esco a prendere aria. In fondo alla strada un poliziotto mi chiede di accostare.

- Ho caldo - dico
- Patente e libretto - mi dice
- Di chi è la vettura? -
- Di mio padre - dico - Fa caldo stasera - dico

Accarezzo Jimmy e riparto, ho sorriso a un poliziotto che era entrato esageratamente nella parte e non ha ricambiato. Più tardi tornerà a casa, toglierà la divisa, scorreggerà, guarderà le telefoniste porno in canottiera e mutande e dimenticherà per un attimo di fingere d'essere un poliziotto.

- Scendi - dico
- Sali - risponde che sono praticamente già arrivato nella sua stanza

Lei vuole parlare, io fare l'amore. Allora mentre parla la spoglio. Scopiamo e mi sento solo, scopiamo e lei mi dice

- Fermo, fermo un attimo e guardami negli occhi - Ma non ho nessuno davanti, sto solo scopando e mi sento solo, mi sento solo e sono assessionato da internet e dal caldo che mi sta appiccicato ad ogni cellula.

La guardo negli occhi e non vedo nessuno

- Che cè? - dico
- A che pensi? - e vorrei sparire per un attimo, penso al caldo, alle cellule, a internet, che son solo

- A te - rispondo, e lei sorride

Poi torno a casa, il poliziotto avrà appeso il cappello sul porta abiti all'ingresso, avrà bevuto una birra e si sarà addormentato davanti alle pornotelefonate in attesa di ritrasformarsi in quello che si era convinto per un attimo di essere stasera.

- Chissà se ha caldo - penso salendo le scale - Non me l ha detto se aveva caldo pure lui - e torno nel mio guscio

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sabato 11 ottobre 2008

Il cartello condominiale


Si avvicina un Pakistano con delle rose sulla mano destra e un Cane di peluche sulla sinistra. Gli infila un dito nel culo e il cane rizza le orecchie. Lo fa due o tre volte. Poi si volta e va via. Incomprensibilmente nessuno, di venerdì sera, aveva bisogno di un cucciolo finocchio e lussurioso. Faccio l'ultimo tiro poi la spengo. Un sorso di birra amara e butto l'occhio al centro della piazza. Sono solo in mezzo ad un sacco di gente. Qualcuno lo nota e me lo fa capire con gli occhi. Lei prende le chiavi e le infila tra due seni grandi quanto due pugni pieni di sabbia - Ora prendile - mi dice, mentre mi sento solo tra centinaia di persone. Sorrido come se non avessi sentito. Forse non ho sentito davvero. La camera è poco illuminata. Un cartello nel portone di ingresso recita con caratteri a prova di Bocelli - SIETE PREGATI DI CHIUDERE IL CANCELLO - Che corrisponde più o meno a - Vaffanculo quando torni chiudi quel cazzo di cancello - Quello che l'ha scritto, quando l'ha scritto secondo me aveva i coglioni girati. Avrà detto alla moglie - Ora ci penso io - e sarà andato a comprare un foglio di carta A4 e un pennarello nero e grosso con la foga di chi deve fare una cosa importante. Avrà pensato qualche minuto a cosa scrivere per poi scrivere alla fine quel verbo PREGARE di gran moda nei condomini incazzosi. Che poi salendo ho pure dimenticato i portone aperto. La camera non è molto illuminata, mi guarda in viso mentre scalda una mano tra due cosce seminude. Potrei scaldarci la mia di mano tra le sue cosce seminude ma apro gli occhi e sono completamente solo. Stamattina un'anziana aveva commentato così l'andamento della borsa - Ah cicoria a tre uero, ma che siamo matti? - e aveva ripiegato sugli spinaci.

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mercoledì 8 ottobre 2008

Solo perchè è nuda


Ora che è nuda adagio l'orecchio sul suo ombelico e ascolto in silenzio il suo respiro leggero. La guardo e sorrido, poi mi adagio di nuovo un pò più sopra stavolta, per non scrivere post esageratamente porno. Dovrei guardarla negli occhi e capire cosa sta pensando. Appoggio lo sguardo sul suo un attimo. Sbaracco le mani come in croce e confuso guardo il soffitto. Poi mi alzo e vado in bagno, mi guardo allo specchio, mi schifo da solo, passo la mano tra i capelli e torno indietro. E' ancora nuda - Mi avrà spogliata per un motivo o per sentire il mare dal mio ombelico? - si starà domandando mentre mi passo la mano tra i capelli come in bagno colpito improvvisamente dalla sindrome di Vittorio Sgarbi. - Se mi trova qui ora secondo te mi lascia? - mi chiede - Non lo so - rispondo mentre spero di avere il tempo, nel caso, di fare testamento. Marica è fidanzata da sette anni, ufficialmente da quattro, lavora in un pulitissimo locale del centro e scopa due volte alla settimana con il suo compagno. Tre volte a settimana cucina per lui, una volta a settimana lui la porta fuori a cena. Marica ha 29 anni, mi poggia un seno nudo sul fianco, con la mano mi sfiora i capelli e si chiede - Come fanno le persone a stare insieme in quel modo per decine di anni? - - Che cazzo nè so - rispondo un pò confuso, e mi rivesto. Non potevo sapere certo tutto io che sdraiato a fare il morto sul mare della vita, avevo deciso per un attimo di lasciarmici cullare. - Dove vai? - mi chiede mentre un cagnolino grande quanto un preservativo arrotolato mi annusa la caviglia. - A scrivere un post di merda - rispondo. E lo scrivo davvero. Che tanto i miei post me li scrivo, me li leggo e me li capisco da solo. Sembro serio ma sto ridendo. Che cè il rischio a volte che non li capisco manco io. Saluti a tutte le Mariche del mondo. Ciao Giovà, le foto se arrivi a leggere il post fino in fondo sappi che te le mando presto. Sogni d'oro.

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mercoledì 1 ottobre 2008

25/05/1981 - --/10/2008


Dopo una vita di contraddizioni non ha retto alla furia bancaria di un signore sposato. Lascia Jimmy, Jimmyno il motorino, una camera sporca e un cordombleu Arena, in frigo, non ancora scaduto. Prima di sospirare è riuscito con le ultime forze a dire - Ma non dovevi essere a lavoro a quest'ora? - poi è crollato in un sonno permanente. Salito in cielo, seduto alla destra del Padre e con Maria nelle vicinanze credette per un attimo di essere divenuto un tronista. Poi Gesù torno dal bagno e rivendicò il diritto a quel trono che sempre era stato suo. Nuovamente si trovò alla ricerca di un posto nel mondo, nell'altro mondo.

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