sabato 28 febbraio 2009

Lo studente e la tesi


Quella mi guardava come fossi un uomo, non una mezza cartuccia come mi guardavano le altre. Febbraio era praticamente finito e tesi avvolte da lucidissime copertine aspettavano di essere discusse davanti a persone che avrebbero pensato ad altro, pranzi imminenti, mogli a casa, mamme ammalate, studentesse provocanti, figli da sistemare. E tesi con copertine utili e contenuti inutili aspettavano di essere discusse davanti a volti seri e pensieri distratti. Il professore che finge di ricordarsi chi sei e come ti chiami presenta la tesi al pubblico presente in sala. – Benvenuti signore e signori, questo e il lavoro di uno studente che giunto al capolinea della sua carriera universitaria – dice il professore pensando ai cazzi suoi – ha voluto deliziarci con un lavoro – dice il professore – con un lavoro che ha richiesto mesi – dice il professore con in testa fumetti di donne nude e capricciose sbirciate nel suo ufficio – mesi di interviste, ricerche, analisi – continua il professore con in testa seni grossi e cosce lisce di donne volgari in fumetti da collezione di Manara, Milo Manara –Lo studente – aggiunge il professore – lo studente con il mio aiuto ha voluto rappresentare le difficoltà di una società che dinanzi all’avanzare della tecnologia – dice il professore che la sera prima ha picchiato la moglie perché si era rifiutata di avere rapporti con lui, - Mi trascuri – le aveva detto – mi trascuri e quante studentesse potrei farmi io, se solo sapessi – e l’aveva picchiata e spinta a terra e presa a calci mentre studenti con la testa alla discussione qualche chilometro distanti in una casa meno curata, meno chic diciamo, in una casa arrangiata, tentavano di prendere sonno nella notte prima degli esami. – Cari signori – dice il professore che ha iniziato, ha avuto un rapporto omosessuale prima di sposarsi con la moglie che ha picchiato la sera prima e che ancora ogni tanto ha rapporti omosessuali con ragazzi giovani e tenebrosi che gli ricordano lui mediocre studente nella piccola periferia della sua zona – cari signori lo studente qui presente adesso presenterà a tutti voi il suo lavoro sulla.. – Lo studente suda, si volta, orgoglio di genitori che hanno investito una reputazione sulla riuscita dei suoi studi, orgoglio di una famiglia che lo chiamerà dottore senza sapere se è felice o meno, senza sapere cosa gli piace, cosa desidera, cosa è cambiato da quando piccola peste in mezzo a un prato correva dietro a tutto ciò che dondolava, lo studente si volta ancora poi comincia – In questo lavoro, cari signori, ho voluto evidenziare .. – lo studente deglutisce e ingoia il tempo che lo porterà ad essere festeggiato fuori da quell’aula, il traguardo della laurea penseranno orgogliosi parenti e amici mentre lui penserà ad altro, quando il vento soffierà sogni di libertà lontano da tutti quelli che ne vorranno fare un uomo di cultura e lui avrà solo voglia di respirare in cima ad una montagna, davanti a un cielo splendente, e lui avrà voglia di respirare i suoi sogni nel silenzio più assoluto.

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domenica 22 febbraio 2009

Le scelte del Signore


E ogni volta che mi sveglio ci penso un attimo soltanto, poi con la testa tra due cuscini mi giro dall’altra parte e non ci voglio pensare più. Mi alzo, spremo tre arance piccole e rosse e un cucchiaino di miele che fa pure meglio di una sigaretta. Giro la manopola rossa e aspetto che l’acqua sia caldissima prima di infilarmici sotto e sciacquare via in un colpo solo tutti i pensieri.

Arrivo all’Ultima spiaggia ed è notte tarda ed è già arrivato da un po’ e sta beatamente fumato sdraiato con la testa a guardare il cielo e mi avvicino e senza dire niente mi passa la canna e inizio a fumare pure io e mi sdraio vicino a lui e in silenzio per un po ci godiamo un cielo illuminato da milioni di stelle. Non ho mai visto da un'altra parte il cielo come quello di questo posto abbandonato da tutti e il rumore delle onde sul bagnasciuga fa il resto e lui nel frattempo di alza e inizia a girare un'altra canna ed ha lo sguardo rivolto verso il lontano stivale e verso questo angolo di terra arricchito da un mare profondo e misterioso e dice che gli manca pescare di notte con il fucile e che quando torna chiama qualcuno e ci va con lui che tanto io non ci vado di notte e ogni volta che gliel’ho promesso poi gli ho tirato il pacco. Abbiamo chilometri di spiaggia tutta per noi ed è buio e non si vede una luce neanche in lontananza. Fa fresco ora e la sabbia su un pezzettino di schiena nudo mi fa venire i brividi per un secondo e mi sento bene.

-Gli altri non vengono? – chiedo
-Non li ho sentiti – dice concentrato mentre con l’accendino squaglia un pezzo di fumo grande quanto la cacca di un coniglio.
- Quando parti? –
- Domani – e poi non dice più niente , è sempre triste quando parte anche se poi per tutta la vacanza non fa altro che lamentarsi di ciò che c’è e che non c’è, delle solite cose, tanto per lamentarsi.

-Se tutto ha un significato forse il Signore, quello vecchio vecchio dico, ha fatto le donne con il mal testa – Altrimenti pensa quanti sareste – insomma, ci ha pensato diciamo e ha fatto cazzi in tiro da una parte e mal di testa cronici per compensare dall'altra, e forse aveva ragione, guarda quanto spazio abbiamo in questa spiaggia. A volte mi domando perché le donne si meravigliano che stiamo con loro anche per quello. Insomma se avessero un’altra cosa al posto di quella probabilmente ci diventeremmo amici. - Ho pensano che ci saremmo messi insieme lo stesso? –

- Ma stai fumando la stessa cosa che sto fumando io? – mi dice – Sono stato in giro con donne che si sorridevano e chiamavano amore e appena si giravano si davano della zoccola l’una all’altra. Una guardava la gonna dell’altra troppo corta, l’altra guardava le tette di quella nella maglietta completamente aperta davanti. Perché non fumi invece di meravigliarti? Non c'è proprio niente da meravigliarsi, se non la vuoi te le vogliono dare, se la vuoi se la vogliono tenere. Lo sai che è così insomma, se le chiami sante vogliono essere chiamate zoccole e viceversa insomma –.

mi dice lui che si è trasferito da una città ad all’altra per amore di una donna che temeva di perdere per la distanza e che dopo qualche mese l’ha lasciato comunque dicendogli che si era innamorata di un altro, un metallaro mi ha detto lui, uno di quelli che ti saluta alzando tre dita esterne delle mani e che non dice mai una parola se non strettamente necessario ed è meglio così perché tanto ogni volta che parla dice cagate, mi ha detto una volta lui – dice solo cagate -. - E mi ha anche tradito - mi aveva detto - e lui mi aveva pure detto la sera prima che si era fatto una tipa e che però non mi diceva chi. Io gli avevo fatto i complimenti. E' un pò come se un tuo amico ti dice che è andato a 200 km orari con una macchina per fare il figo e poi scopri che l'ha fatto con la tua macchina e ci rimani un pò male-. mi aveva detto ancora.

Stiamo sdraiati a due metri l’uno dall’altro e non abbiamo voglia di dirci un cazzo fino all’alba.

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sabato 7 febbraio 2009

Sara



Le torna in mente lui che era capace di schiuderle le labbra delicatamente con il naso e ne sente i brividi ancora e tiene la bocca leggermente aperta come fosse lì, nella penombra della camera colorata e ordinata in cui era distesa nel silenzio più assoluto.

- Cosa stai facendo ? – pensa mentre irrompe nella pace il ticchettio della grossa sveglia appesa al muro, accanto al poster in bianco e nero del bacio di due giovani ragazzi dall’aspetto gradevole.

Tiene la bambola in mano, la stringe al seno e respira profondamente. Sente le sue braccia possenti stringerla da dietro, poi un dito esplorarle il contorno del viso e scendere sul naso, sente la mano tenerle la testa, sente il profumo dei suoi baci, sente l’alchimia di quei momenti.

Ora che lui è rimasto ma solo nei suoi pensieri, ora che ha paura di aprire gli occhi e scoprirsi sola con la sua bambola stretta al seno, ora che la vita sembra non terminare mai, ora che il tempo sembra scorrere lento verso il nulla, si alza e passa una mano tra i capelli, gira nuda per la stanza, gli parla ancora, le sembra di sentire una risposta, posa la bambola e si siede nel letto.

Tic tic tic

Scandisce la grossa sveglia

Ora che niente sembra più come prima. Dio, l’imperatore dei cieli, Dio, l’inquilino dei piani alti, Dio, osservatore di impauriti peccatori non risponderà alle sue domande, farà spallucce ironico, come sempre – Cavatela da sola che il gioco è tutto qui – dirà tra il severo e l’ironico Dio – questo è il gioco – dirà Dio e farà spallucce.

Sarà apre le finestra guarda il cielo e impreca, torna in camera e ricomincia a sognare con spudorata menzogna quello che esiste ormai solo nella sua instabile memoria.

Foto di Raffaele Cabras www.mixyourshot.com

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domenica 1 febbraio 2009

Lo scrittore



Lo scrittore con mano socchiusa, facendo leva sul dito medio affoga la stanza in una melodia allegra e leggera, volta la testa e raggiunge la sedia e ci si poggia sopra, accende una sigaretta e guarda il vuoto fingendosi per un attimo orgoglioso di se stesso. Lo scrittore abbassa le tapparelle per dipingere sulla carta i paesaggi della sua testa, lui che è altrove da quando muri bianchi e giallastri assorbono i suoni del pianoforte di Allevi. Lo scrittore ricorda nel dettaglio il sopracciglio sinistro della ragazza bionda davanti a lui prima disteso poi inarcato, e ci immagina dentro malizia e malinconia neanche fosse Freud, lui che dipinge con le parole ciò che immagina, ciò che è vero ma nella sua testa, ciò che è il mondo che vuole presentare a se stesso e ai suoi lettori. Lo scrittore si rivolge alla ragazza solo per coglierne i gesti e le impressioni e ad ogni gesto costruisce una storia, e ad ogni storia ci mescola la sua, e maniacalmente la osserva gelida bambola scaldata dall’anima dello scrittore. La ragazza, bionda e armoniosa nei lineamenti, agita i capelli manco fosse francese e si chiamasse L’oreal, poggia la mano sul tavolo e batte il dito mignolo nervosamente, con una battuta allevia l’imbarazzo poi chiede da bere controlla la borsetta e guarda lo scrittore e si chiede – Ma che cazzo vuole – lui che la vuole dipingere nella sua tela di parole, - Ma che cazzo vuole – lui che né studia i tratti e la profondità degli occhi – Ma che cazzo vuole – si chiede mentre lo scrittore affonda lo sguardo nella crepa profonda della scrivania in cui ha immaginato tutto questo nel tempo di una canzone ormai finita, ora che il muro è soltanto un muro e la ragazza bionda è svanita dai suoi pensieri e il mondo è un altro mondo, fino alla prossima canzone almeno.

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