mercoledì 29 aprile 2009

Sottovoce


A volte ancora l’avevo pensata, con dolcezza a volte, come a un bimbo triste davanti ai miei occhi, come un bimbo a terra e una parete trasparente davanti, un muro di vetro a separarci, così l’avevo pensata.

Mi affaccio al balcone e la penso e penso a quando arrivava certe primavere, certe estati arrivava e mi portava via e mi sorrideva, verso il mare, lontano andavamo noi e i nostri segreti andavamo lontano, noi e il campeggio e la tenda e la sabbia e il mare e il sole a baciarle la pelle tutta, - il sole ancora può farlo – penso e guardo lontano nella direzione in cui andavamo io lei e jimmy e la penso, - quante volte hai pianto – penso alle volte che ci siamo abbracciati e il bene forte il bene che ci siamo voluti – amore – penso ora che niente sembra più portarmi indietro.

Che strano pensarci a quei segreti che si era portata via. E’ così che funziona? Le prendi e le porti via? sensazioni che non andranno perse, sensazioni che ci porteremo dentro e dietro con noi in un fagotto di emozioni. - Quelle non si perdono, quelle non si perdono mai – penso e rientro.

La casa vuota ormai e amici e parenti e coinquilini abdicati e io anche e i miei pensieri, non resterà niente, nulla resterà lì, in quella casa. Ne rancore ne amarezza a pensarci a chi mi ha parlato di educazione prima di andare via,certe signore di questo mi han parlato e mi veniva da ridere che con le parole siamo tutti buoni e gentili - posso fingere pure io se vuoi – avevo pensato prima di salutarla per l’ultima volta – ciao – le avevo detto poi soltanto.

C'era un buco nel cielo, un buco tra le nuvole e da li pensavo mi stesse guardando il mio angelo, un buco tra le nuvole per tenermi d'occhio aveva fatto il mio angelo, su nel cielo e con il pugno chiuso e con un solo dito, con uno solo passava il tempo ad indicarmi la strada.

Così che giravano le cose, sorrideva sempre il mio Angelo, mai e poi mai e poi mai sarebbe voluto andare via, con me voleva restare, un sorriso soltanto aveva lasciato..poi via, in alto, ad indicarmi la strada..sorridi diceva, sorridi e falla girare..



Sottovoce
Al mio Angelo

Leggi il resto!

martedì 21 aprile 2009

Sex and the dreamers



Siamo arrivati nella città eterna e ci sembra bellissima la composizione di pietre e storia e luci e clacson impazziti ogni alba di verde dei semafori e la figa in giro per le strade -quanta figa e culi alti e sodi e tette strette nei maglioni a collo alto, quante donne e storie misteriose tra i viali alberati di Roma – Quali viali alberati ?- dico a Giovanni che recita come un attore di vecchi film in bianco e nero. Respiriamo libertà mentre passeggiamo, panino e birra in mano e passi lenti e occhi che si perdono tra le meraviglie della città eterna.

- Avevo pensato di sapere in ogni momento la cosa giusta da dire alle persone, come prenderle, come farle sorridere e come sorprenderle, come tenere viva la conversazione o almeno così mi sembrava o almeno così mi dicevano le persone che mi trovavo davanti. Poi avevo smesso, mi era sembrato di aver esaurito le forze all’improvviso e avevo smesso cazzo, avevo smesso di avere sempre una risposta a una domanda. Ero diventato più silenzioso e mi spaventava e imbarazzava e mi faceva incazzare ma ora è tutto diverso, di nuovo diverso, capisci? È tutto come prima -. Non provo disagio con Giovanni, mai disagio, parlo, quando ho voglia di parlare parlo, senza la necessità di riempire ogni secondo di coprire ogni silenzio con delle parole però. Muti a volte, uno accanto all’altro e star bene comunque, sentirci sereni, tranquilli, rilassati, a nostro agio. Respirare il tempo è semplice con Giovanni.

Entriamo in un locale dai ritmi brasiliani e un sacco di gente allegra io e Giovanni, ci entriamo io e il mio compagno Giovanni, che domani andremo a cercare Odair, domani, - Oggi figa – mi dice lui che sembra aver già dimenticato il suo primo amore romano, sembra averlo dimenticato. Accendo un sigaro e mi guardo intorno e incrocio gli sguardi di uomini e donne e del mio compagno che con un cappello bianco in paglia da Cow Boy si butta sugli alcolici e beve e fa conoscenza con la cameriera e ci parla seduto al bancone come la conoscesse da sempre, da altre vite.

E c’è una sala in fondo al locale, una sala con le pareti dipinte, semibuia, con luci soffuse e colorate e la gente qui balla vicina, tanto vicina e le ragazze sono sudate e provocanti e magre certe e lunghe e grasse e multiple alcune e hanno voglia di divertirsi, di vivere alcune e - mi butto stavolta, mi lancio - per una volta e torno al bancone e bevo due birre poi torno nella sala e mi lancio come la pietra di una fionda, mi lancio, e ballo e sfioro seni e sono eccitato e passo la sera a cercare lo sguardo di una ragazza affascinante, affascinante nelle movenze e nella carne che mostra. E passo la sera a cercare lo sguardo di una donna che mi sorride e che nasconde un segreto sotto quella gonna cortissima e vorrei conoscerlo quel segreto e scoprirlo quel segreto ma arriva mattina che è rimasto nei miei sogni e non so neanche dov’è finita quella donna che era un cestino di frutta, una macedonia di frutta era quella donna mentre ero ubriaco, così mi sembrava e Giovanni nemmeno so dove è finito e allora torno al nostro ostello e mi addormento con la luce del primo sole del mattino e con in testa il frutto proibito con cui avrei voluto fare colazione. Dormo.


- Quando andiamo da Odair? – mi dice il mio compagno omertoso Giovanni – Come ti senti? – mi dice - Potremmo cercare un lavoro qui per un po’ e guadagnarci da vivere e la sera andare a donne, innamorarci delle donne che questa terra ci vuole donare e sistemarci qui per un po’. Potremmo chiamare Otero e Pizza e farli venire qua con noi, che dici? A giorni li chiamo magari, che dici? – dice lui che sa prendersi cura dei nostri sogni..

Leggi il resto!

lunedì 20 aprile 2009

Danza sulla città eterna


Boschi di ginepri e massi e terre umide di pioggia e cinghiali e capre e agnelli ha percorso quel pullman e droghe e alcol e medicine a cazzo di cane aveva preso quell’autista solo e confuso nella sua cabina. – Ad Olbia devo arrivare, ad Olbia – con in testa l’ex fidanzata ora sempre fidanzata ma con un altro stavolta, con Marieddu che se l’è sbattuta in campagna, nell’ovile se l’è sbattuta con la scusa di regalarle i carciofi, - sa cancioffa – e le uova e mezzo agnello – mezz’angioni vieni a prenderti che te lo regalo – ed erano finiti a scopare sul fieno lei e Marieddu.

- Peccato, peccato mortale tradire l’autista ubriaco marcio - che mi doveva portare ad Olbia, pensavo con una mano sulle palle e gli occhi vigili sulla strada che - non farò in tempo a salvarmi ma almeno lo vedo dove mi schianto, dove mi schianta quest’autista burdo e rincoglionito, l’amore perduto se lo sta mangiando, l’amore perduto, e proprio lui doveva capitare di turno per il mio viaggio Tortolì Bari Sardo Lanusei Olbia, cazzo – penso – proprio lui – penso e guardo il cielo nuvoloso della nostra terra.

- Le bestemmie – penso – le bestemmie di quella donna si stanno per avverare – penso – e salto il mare con un balzo e oltre il mare Termini con i suoi barboni e le loro storie e la vecchia convinta di avere una madre più giovane di lei - una figlia per madre pensava di avere una donna vicino Termini, nei pressi di Roma, Roma centro – e – viviamocelo – dico a una ragazza – viviamocelo quello che viene e quel che viene viene insomma, maledette domande e storie lunghe alle nostre spalle, sempre alle spalle si tende a guardare – penso – Avanti dobbiamo scrutare, in fondo, l’orizzonte mi piace guardare e ad oggi che stiamo bene a baciarci e stringerci e parlarci di cazzate di vita e di delusioni e amori e sapori – dico – raccontami – penso – raccontami di come hai danzato sulla vita in questi anni, le tue coreografie e le luci e le ombre sul palcoscenico della tua vita – penso – racconta e non aver paura degli errori e delle cose giuste e sbagliate e dei sorrisi e dei dolori – penso – mai averne paura – penso e torno a casa e ho mille coperte di piume e pelle addosso e dolce è questa notte incerta nei miei sogni.

Buongiorno città eterna…

Leggi il resto!

venerdì 17 aprile 2009

Ad Anna..




Quando rientro la sera alle otto, otto e mezza della sera, rientro e il cielo e le nuvole e le montagne, quasi anche le montagne sono dipinte di rosso come vuole il sole a quell’ora, prima di andare a dormire il sole, verso quell’ora, dipinge il cielo di rosso.

Sfrecciano le macchine nelle strade lunghe e strette e vuote da Arbatax a Tortolì a Teccu a Bari Sardo, sfrecciano le macchine che mi vengono incontro con i loro fari alti e nelle cabine i loro padroni sfrecciano con la musica e i pensieri e le bestemmie a volte – Abbassa quei cazzo di fari – dicono o lampeggiano o sterzano all’improvviso se passa un cane o una pecora o un gatto o un riccio, l’ultimo lento tragitto del riccio da una parte all’altra della strada voleva arrivare il riccio. A metà è arrivato, poi una quattro per quattro l’ha spiaccicato sull’asfalto come nei cartoni animati, solo che non si è più ricomposto lui, il riccio.

Dietro di noi c’è il porto e il mare è calmissimo stasera e si sente l’odore dei pescherecci e del sudore di chi ci lavora e sono dolci certi odori che arrivano e li sento bene, che il naso non mi manca, li sento e i pescatori arrivano con le loro magliette sporche e i jeans strappati e vogliono fumare e tentare la fortuna – che se vinco un milione di euro – dice – se lo vinco mi compro un altro peschereccio – dice, mica uno yacht di lusso come Briatore e Ricucci e quegli uomini ricchi di sfarzo, non ci rinunciano all’odore del pesce, al sapore del mare, al loro sudore i pescatori di certe terre – Fanculo agli yacht di quella gente – pensano – guardano la vita da dentro ad un acquario loro – penso.

Nonna ne compie ottanta a pochi chilometri, ottanta nonna e ottanta sei nonno e li trovo in casa e hanno sempre un sorriso ed una raccomandazione da dare – Stai attento con le donne – dice - attento che ti fregano – dice – che le conosco io - dice come se fosse un uomo mia nonna – e mangia ca non portrsa nudda – dice – mangia che non hai niente dice, che sei secco, devi mangiare – dice e tira fuori il pranzo alle 10.37 del mattino, antipasto e primo e contorno e frutta e dolci e se non la fermi va avanti fino a sera. Non importa quando si finisce l’importante è iniziare presto, alle 11 massimo, non importa se ho appena fatto colazione, alle 11 si mangia, sono i più vecchi a comandare, come nelle tribù, sempre loro, e mai sento vorrei doverne fare a meno, - Mai penso vorrei fare a meno di quella casa e di quelle parole e di quei baci e delle medicine inventate – L’aglio nel culo al posto delle supposte da piccolo mi metteva mia nonna. Da grande un giorno mi era tornato in mente e le avevo voluto chiedere il motivo – Per diventare grande e forte – mi aveva detto – grande e forte – come non lo ero mai diventato, ma ci credeva così tanto in quello che diceva che per un attimo mi aveva convinto..

Auguri Nonna..

Leggi il resto!

giovedì 16 aprile 2009

In vacanza a Lourdes





Ci saranno certamente cose più importanti della vita di tartarughe e mosconi e insetti vari intorno a rettili con il guscio protettivo, con la casa incorporata, con un tetto dove rifugiare la testa. Eppure a quello avevo pensato durante la raccolta delle fave, nel tempo di sbucciarle in cortile con quell’uomo con la cuffietta in testa e il sole a scaldare i nostri pensieri – Mettila anche tu la cuffia..con sto sole – dice e sbuccia fave e piselli. Io solo le fave, i piselli li sbuccio si, ma poi li mangio subito, crudi e verdi e umidi come la terra ce li ha donati, non fanno in tempo a finire dentro la pentola con me i piselli, dal produttore al consumatore immediatamente, nessun passaggio, nessuna tassa, tutto risparmio.

- Cosa ci fai con l’imodium che ho trovato in bagno? – mi dice mia madre – Sai nei casi di emergenza – dico io, ma non le basta – Come mai caghi così tanto? – dice mia madre – No, ho detto che nei casi di emergenza..- dico io – Ma non è normale che caghi così tanto – incalza lei – Ho detto che se per caso mi trovo in una riunione importante con la merda alla gola..porca put - - Non sarà il caso di farti una visita – e ci rinuncio, che oramai si è convinta che con l’imodium la farmacia mi abbia dato in omaggio qualche virus intestinale gravissimo mia madre - E cago bene, mangio bene, respiro , cazzo respiro benissimo, non lo vedi come sto’ – penso -, non lo vedi? – dico e mi viene da ridere che se vede un termometro nel comodino pensa che ho la febbre, se vede il dentifricio finito pensa che ho i denti marci, se vede la foto di un mio amico che mi abbraccia non oso immaginare cosa possa pensare, mia madre - Non lo voglio nemmeno immaginare -. Meravigliosa creatura.

- La questione è di semplice soluzione - dico. – Diamoci una scadenza – dico – E dopo quella smettiamo di sentirci, parlarci, ascoltarci, scambiarci pareri, ridere, guardarci in certe occasioni, guardarci in due dico senza sapere niente, intuendo soltanto, intuizioni sul futuro in un microsecondo in certi sguardi, incomprensibili comprensioni, smettiamo di baciarci, fare l’amore, con la testa dico fare l’amore, con la testa specifico, smettiamo e basta e iniziamo in maniera diversa - dico come al solito per fare le cose diverso dagli altri -Porc put -dico -porca put -dico che manco lo so quello che sto dicendo.

Giro il mappamondo e il dito si ferma su Honolulu, capitale dello stato delle Hawaii e penso che qualcuno andrà in vacanza in uno di quei posti e mia madre invece a Lourdes vuole che l’accompagni al massimo tra qualche tempo – Ci facciamo una bella vacanza vacanza a Lourdes? - dice -Porc put - penso e ce l’accompagno davvero e se la vedo a quella donna , - se mi appare - dico - le chiedo di fare il miracolo ed abbronzarmi con un unico raggio di sole così quando torno racconto che sono stato ad Honolulu davvero a fare la vacanza - e se appare mi ride in faccia mi sa, ride che il buon umore non le manca di certo - il buon umore non le manca – penso – a quella donna. Magari non mi abbronza, ma l'importante è che rida -. penso, - rida mentre io e mia madre andiamo in vacanza a trovarla, io mia madre e zia Maria a Lourdes - penso - Non poteva apparire a Honolulu - penso, poi entro dentro il guscio, abbraccio la tartaruga e dormiamo insieme..

Sogni d’oro..

Leggi il resto!

martedì 14 aprile 2009

13/04/2009


Squilla il telefono, squilla e non riesco ad allungare la mano, non voglio tendere la mano verso il telefono, tramortito dal sonno e cullato dai sogni come sono questa mattina non rispondo a Kimbo e Giovanni e Otero e Half e Cadau e Diego e chi mi chiama che abbiamo appuntamento alle 8.30, a quest’ora del mattino l’abbiamo l’appuntamento e continuo a dormire e girarmi nel letto tra sogni e pensieri e incubi e confusioni e certezze poche, poche le certezze per fortuna solo le essenziali di certezze.

- Con Reddu vengo, dopo con Reddu vengo che sta mungendo adesso e dopo si libera – dico più tardi e mi siedo sopra un sasso quando arrivo ed è esattamente come dieci anni prima – Come quindici anni prima – sempre uguale ci guardiamo, - Non è cambiato un cazzo – penso quando certe pallonate ti arrivano dritte nello stomaco e i calci in culo e le stronzate che diciamo e le risate e i silenzi e l'imbarazzo che non esiste da queste parti - nessun silenzio imbarazzante – e sempre quelle sono – le stronzate. Si è fermato il tempo per noi pirati spontanei di questa terra.

Mi prende da una parte e passeggiamo per il perimetro del nostro terreno tra erbe erbacce e pozzanghere, tutto il perimetro intorno e ci sdraiamo sulla terra e ci sporchiamo i pantaloni e la felpa e le scarpe e parliamo di altre cose e poi di donne – Ma chi la capisce a quella. Parla, parla un sacco e non si combina nulla – mi dice – Parla parla e non si conclude mai niente – mi dice – che cazzo parla a fare se sono mesi che non le tocco una tetta, che parla a fare di storie e di sesso e programmi e minchiate se non si conclude mai nulla cazzo – mi dice sdraiato su fiori umidi e colorati e giochiamo con la terra, giochiamo a prenderla con le mani e sporcarcele e sentirne l’odore ed esce il sole e poi piove e poi il sole di nuovo – Ah come si diverte Dio con il meteo penso, niente di meglio con cui giocare oggi? – dico a Dio che si diverte e ci diverte in fondo anche a noi bagnarci e asciugarci e bagnarci ancora e il sole dopo a illuminare le nostre teste sincere. Adoro l’incertezza, l’adoro.

Mi prende Giovanni e mi porta a chiacchierare e lunghe erbacce nasconde un pozzo di acqua sporca e ci cado dentro e mi sporco e mi ricordo che da piccolo ci andavo di proposito sulle pozzanghere, per quello mi ero comprato gli stivali in gomma, per sporcarmi come i maiali ma senza bagnarmi i piedi e me li bagnavo lo stesso a volte e Giovanni ha sempre qualcosa di interessante da dire o da osservare, - Mai banale Giovanni, mai veramente – penso mentre teorizza su formiche e formicai e nuvole e piante e vampiri e api e sul cielo – Giovanni teorizza anche sul cielo -

Reddu mi porta via lontano con jimmy andiamo al mare e c’è un sacco di gente e le nuvole disegnano mille cose e vorrei fosse ogni giorno come questo, tutti i giorni come questo e che ci guardassimo così anche tra dieci e poi vent' anni, senza paura, spontanei, sinceri, come mai ho visto da un’altra parte, così vorrei ci guardassimo – Fanculo al resto – penso, - non esiste il resto certi giorni - non esiste altro.

Leggi il resto!

sabato 11 aprile 2009

La tartaruga


- Non erano raccolti in una coda i capelli – non in una coda, Maledetta distrazione - un abbaglio ho preso, un abbaglio, erano sciolti i capelli, lisci e sciolti e profumati – ma non ne avevo sentito il profumo quella volta, ci voleva confidenza per sentire il profumo dei suoi capelli.

L’avevo immaginato però, tornando a casa, l’avevo immaginato quel profumo e quello dei suoi baci e di certe sue parole dolci – Immaginarle, posso soltanto immaginarle – ed ero salito su Jimmy e Jimmy mi aveva portato lontano, io, Jimmy, le nostre casse sfondate e Bugs Bunny appeso alla maniglia – Sempre lì sta lui, adora guardare fuori dal finestrino nelle nostre scorribande notturne Bugs Bunny –

Ho fatto a meno di lei per tutto il viaggio senza particolari problemi, ho fatto a meno di lei ma non di Dio compagno di meraviglia quando a chilometri dalla costa la natura ti ruba il fiato, la natura ti strappa il fiato, non si riesce a fare a meno di pensarci in quel momento. Accanto a me una donna anziana mi sorride ogni volta che il mio sguardo incrocia il suo, chissà cosa mi vorrebbe dire, di cosa vorrebbe parlarmi, quali segreti circolano nelle sue vene, chissà come si sente educata e a modo a dispensare sorrisi per nove lunghissime ore di viaggio. Ho ricambiato i primi cinque – fanculo poi – che iniziavano a farmi male i muscoli della faccia.

Metto le cuffie e affogo il silenzio in una melodia allegra e leggera, volto la testa, fumo un pezzo di carta spenta strappata dalle pagine del giornale della compagnia e guardo il vuoto fingendomi orgoglioso di me stesso. Guardo quel ramo allontanarsi, proseguire il suo lungo viaggio, - le correnti lo porteranno dove decidono loro – penso, e mi ricorda qualcosa.

Non vado in Chiesa, non la Domenica, non il Venerdì. Qualche volta a prendere il fresco nelle calde giornate estive è capitato di entrarci in Chiesa, con Giorgio, Giovanni, a sentire il silenzio e il fresco in quelle città che ci erano nuove, dopo aver vagato senza una meta precisa, nei nostri viaggi, ci entravamo in Chiesa e ci addormentavamo sul banco, fresco, buio, silenzio, era l’ideale per riposare.

Nei banchi della speranza di chi si appiglia per paura della vita che sfugge, che va a rotoli, per quello ci si sedevano certe persone, noi per riposare a volte, nessuna filastrocca recitata per Dio, solo gratitudine per l’accoglienza, per aver tenuto la porta di casa aperta in quelle giornate afose e calde nei nostri viaggi – Si annoia Dio con le filastrocche, nonostante il suo spirito da bambino, i suoi occhi da bambino, le conosce a memoria quelle filastrocche Dio, eterno sognatore Dio -

Non si fida di me, non si è mai fidata comunque non si fida certo adesso che si è giocata qualcosa e io non ho voglia di forzare niente – Stasera stai buono – mi ripeto

- Non erano raccolti in una coda i capelli – non in una coda, Maledetta distrazione - un abbaglio ho preso, un abbaglio, erano sciolti i capelli, lisci e sciolti e profumati – ma non ne avevo sentito il profumo, ci voleva confidenza per sentire il profumo dei suoi capelli. Dopo l’avevo sentito, - Ora si che l’ho sentito – Teneva la testa dentro il guscio come le tartarughe, solo il guscio mostrava, la toglieva un attimo poi dentro, al riparo, al sicuro di doveva sentire. Mi ero seduto davanti a lei e con le gambe incrociate avevo aspettato la togliesse fuori quella testa, per mostrarsi al mondo, per guardare il mondo, per donarsi al mondo.

Leggi il resto!

giovedì 9 aprile 2009

Capitano




value="http://www.youtube.com/v/OAifZP3zb0I&hl=it&fs=1">



Il diario di Bordo è stato scritto d'un fiato con la canzone del video..

Piatto il mare, dorme il mare, riflette il cielo, rosso il mare come il sole, grosso il sole lontano, sembra voglia arrostirla quella barca il sole - splendido il mare stasera è splendido -.

Il silenzio a poppa e cinque uccelli che passano e piano le muovono le ali, piano, coordinati come ballerine quegli uccelli che battono piano le ali sopra la mia nave. Si allontana quella terra e sono piccole le case, sempre più piccole, e più sono lontane e più capisco la forma delle cose, come dal cielo, più sono lontano più vedo, come Dio nel cielo, - facile guardare dall’alto – dico a Dio e non mi risponde, un cenno, un buffetto, - Solleva le spalle almeno Dio – dico ma niente, sorride forse, sulle sue, resta sulle sue.

Niente Ieri invece, non c’ho capito niente, troppo vicino ieri e non c’ho capito nulla, - Troppo vicino per capirci qualcosa – dico, - Sono troppo vicino – è un’altra la prospettiva da qui.

C’è un bastone e un peschereccio e le nuvole han mangiato il sole e il mare ha spento il sole all’improvviso è mi è sembrato di ascoltare il silenzio seduto a lato della mia nave col cappuccio della giacca in testa e le persone a parlar dei cazzi loro e ridere e sorridere e le pacche sulle spalle, come in un quadro, in una foto, in un dipinto mi è sembrato di stare per un momento – Capitano – dico – Capitano le scialuppe ci sono tutte, le ho contate, e i salvagenti e i fischietti e il mozzo e i cani ad abbaiare nelle gabbie. Sono un marinaio navigato Capitano, un lupo di mare Capitano, le onde mi abbracciano Capitano, non ho paura delle onde, non ci sono onde, è piatto il mare, infinito, è un prato blu il mare Capitano – dico e giro i quattro lati della grossa nostra nave, mia e del Capitano e il Capitano suona la tromba della nostra nave come all’inizio di Titanic e Rose mi manca, - Rose e l’iceberg mancano – penso e guardo il mare e vado in cabina e mi guardo allo specchio e mi avvicino allo specchio – Boh, sarò simpatico – penso – forse sono simpatico – penso e rido, solo, da solo rido, stupido marinaio sardo che ride solo e si passa la mano sui capelli e si sdraia e guarda il soffitto a volte e parla solo a volte, stupido marinaio sardo – I bastoncini – dico al capitano della mia testa – i bastoncini Capitano, c’è fame a bordo, tiri fuori i bastoncini almeno prima che la nostra ciurma possa patire la fame Capitano- dico sul letto sfatto della mia cabina.

- Amore – avrei potuto dirle – Amore - solo per una sera ma non c’entrava niente e mi veniva da ridere a pensarlo in quella sera, quell’ attimo, in quel momento – Amore – un momento –e ride e ha freddo e si imbarazza a volte e abbassa lo sguardo e si vergogna e ride dei tre bambini a casa – Tutti e tre a casa li abbiamo lasciati – matti che siamo a lasciare i bambini a casa, - matti-. - Mi piace quando si imbarazza – penso, Vicini com’eravamo, solo la pancia ci divideva – Maledetta pancia a guscio, - Una tendopoli sembra – penso – una tendopoli – e ci tiene lontani – Se trattengo il fiato ancora svengo – penso – svengo e ride Dio stavolta, non mi rianima, ride se svengo.

Culla i miei sogni il mare..

fino all'isola..

Leggi il resto!

martedì 7 aprile 2009

Grazie..



Sbaglio a volte, sbaglio mentre cerco la vita in un momento, un attimo soltanto di vita intensa, piena come la mollica dentro il pane, come un’ostrica la vita, piena quando sbaglio come il guscio di una lumaca. Sbaglio, per riempirla a volte, e non importa quanto è lunga ma quanto è piena la vita certi giorni.

L’affetto, quello si che li ha fatti i miracoli certi giorni a discutere e l’attesa e la voglia di sfondarla quell’aula e la gente che aspettava e smorzare la tensione e guardare in faccia le persone, certe persone, la commissione, il microfono, la responsabilità, sorprenderle certe persone con dei miracoli – Dio scende sulla terra – pensavo – scende a volta e ci fa stare sereni – la felicità no, però, quella si che era inattesa. Rischiare, a volte bisogna rischiare per riempirsi. Grazie devo dire, i grazie li devo dire uno ad uno a certe persone, loro si che li sanno fare i miracoli. E l’imodium anche, due giorni non sono andato in bagno, due.

Mi chiama una sera, mi chiama e si racconta lei, piccoli pensieri e voglia di raccontarsi e di giocare e di essere maliziosa mai chiara, maliziosa nel senso più puro, con le parole, per non farsi capire, giocare avevamo detto. Mi chiama una sera, mi chiama – Fuoco di paglia –mi dice – fuoco che brucia subito, in un attimo, una distrazione è stata il fuoco – mi dice – la vita – mi dice – la vita che non ti aspetti, le cose che non calcoli, certi pensieri volati via con il vento. Sai, io non riesco a capirti – mi dice – la soggezione, mi metti in soggezione a volte – cullata da lunghi capelli ad accarezzarle la schiena.

- Lei mi scrive sempre Are you doing? - mi dice Giovanni - E io risposndo I'm fine, finito, non so rispondere altro. Anche se non sto bene, non so dirglielo, i'm fine rispondo -

Per chi ha attraversato i mari e l’Italia tutta per chi già era qui è c’era nel senso vero del termine, c’era è c’è stato e l’ha dimostrato e l’ho sentito e vorrei ringraziarlo, sono i pensieri che si accavallano, i pensieri e la felicità che mi confonde. Sono felice.

Leggi il resto!