martedì 25 novembre 2008

Nobildonna



Si l’ho detto e vero e l’ho ammesso e l’ho ostentato e l’ho rimangiato e adesso ricreduto che volevo fare il giornalista che sarei diventato famoso e sarei andato in qualche convegno a dire cose che i presenti ascoltandole avrebbero applaudito come fanno con tutti senza far caso alle banalità e nella certezza che chi è conosciuto per un qualche stupido o meno stupido motivo debba saper dire sempre qualcosa di interessante e mai scontato davanti a persone pronte a battere le mani di riflesso, d’istinto, inutili persone dall’aria intellettuale. Avevo pensato tutto d’un fiato sorseggiando vino di cantina di quelli che lasciano l’amaro in bocca e che si incastrano, come coppie in amore, con l’acido della sigaretta inumidita e cancerogena.

Neanche io sapevo se volevo morire di stenti in una redazione stracolma di impiegati chiamati giornalisti a scrivere frasi ad effetto per quotidiani che qualcuno avrebbe letto e cestinato insultando quella classe di scrittori falliti con il tesserino sempre in vista e la notizia da pompare che altrimenti non si vende, non attira, non ci interessa, non fa rumore.

E poi avevo da pensare ad altro, avevo paura di morire e avrei messo la firma per campare almeno fino a novanta anni e dire le mie frasi saccenti a moccioselli con il cazzo in tiro e tirare merda addosso ad un mondo di moralizzatori con la coda da diavolo e le ali da angelo sempre pronti a dire quello che è più giusto fare in quella società che si prende il diritto di scegliere quello che devi essere.

Allora per sintetizzare la mia risposta le avevo detto – Ehmbe? – a lei che mi aveva detto che nella vita bisogna avere la testa sulle spalle sopra il collo con il cervello ben posizionato e cercarsi un lavoro sicuro e impegnarsi per fare carriera e costruire un qualcosa di serio che altrimenti me ne sarei pentito e lei aveva già un lavoro, un uomo con un posto da dirigente un cane che glielo invidiavano i vicini una macchina che quando arrivava nei locali la facevano entrare sempre per prima senza far la fila amica com’era di gente importante di luoghi importanti dalla cariche importanti. – Ehmbe ? – le avevo risposto e avevo gettato la sigaretta nel lavandino che tanto la sguattera l’avrebbe presa e gettata senza dire neanche una parola, senza ribellarsi a quella vita di umiliazioni alla quale era sottoposta dalla Nobildonna che mi volevo scopare e mi ha portato a casa sua solo per darmi delle indicazioni precise su come soccombere alle sue direttive di vita.

- Sai perchè non mi piaci? – mi aveva detto quella nobildonna, Sonia, come mi aveva concesso di chiamarla una delle sere dopo che l’avevo conosciuta per caso ad una festa di chiattoni, - Non mi piaci perché non sei nessuno e ti comporti come se chi hai davanti avesse le pezze al culo come te e la tua modestissima vita da sognatore –

- Embhe – mi sarebbe venuto da rispondere ma me ne era passata la voglia e me ne ero andato con le pezze al culo in quella vita che sapeva dare lezioni migliori di qualsiasi altra nobildonna in prigione.

3 commenti:

Alessandro Bressan ha detto...

Di solito le nobildonne non dicono non mi piaci perchè hai le pezze al culo, ma si girano e ti dicono "mettimelo nel culo", poi si rivestono e il giorno dopo per strada fanno finta di non conoscerti...almeno dalle mie parti funziona così.

Anonimo ha detto...

La tua versione mi piace pure di più..

Anonimo ha detto...

concordo con ale però devo dire che la versione di luca ci sta tutta...belli sti blog...dovete scrivere più spesso!!