sabato 6 dicembre 2008

L'orologio degli Dei


Bevo un sorso d’acqua e sento la sete alleviarsi pian piano, ne bevo un altro e un altro ancora ed è come quando esco dal fondo del mare senza fiato e respiro profondamente e mi sembra di nascere in quel momento. Appoggio il bicchiere asciutto prosciugato e inutile senza liquidi, poggio la mano sulla spalla di chi trovo lungo la mia strada ed esco.

Oggi non l’ho sentita, non ho risposto alle sue chiamate insistenti nè al richiamo della solitudine, ho chiuso il libro e la lettera che un giorno mi aveva scritto in preda alla follia di una penna che scorreva da sola come nell’olio come trainata da una forza invisibile e travolgente come indemoniata e impazzita inferocita e inafferrabile e sono uscito e ho guardato il mare e in silenzio mi ci sono avvicinato, la costa era imponente e deserta e io ho avvicinato il mare e a piedi nudi ho sentito il freddo dell’acqua azzurra di Dicembre e poi la sabbia grossa e fastidiosa sulle dita e ho ripercorso la strada al contrario e ho pensato che avrei potuto cambiar vita mollare tutto e tornare indietro, fare come in certi libri e in certi film, vivere del mare e della pioggia del freddo e del caldo e degli abbracci e delle pacche sulle spalle di qualcuno tra un mirto e un’inchnusa e una battuta scontata dopo pranzo e prima di sera per poi addormentarmi sereno come padrone incontrastato del mondo, del mio mondo.

Come se oltre il mare fosse il vuoto

Avevo pensato a giornate gelide come la neve sulle mani nude e a quegli errori che spesso mi rimproveravo, prima del giorno in cui avevo smesso, dicendomi di guardare avanti cercando di arraffare il futuro aggrapparmici come a tutte le cose incerte perché nell’incertezza c’è sempre stata la vita, nella certezza – fanculo alla certezza – avevo pensato, le certezza è la morte di tutte le cose nella certezza non cè scoperta né curiosità né stupore né quella vita stessa che io volevo proteggere per il poco che potevo, finchè l’inquilino su in alto me lo avrebbe consentito.

La vita o è un’audace avventura o non è niente avevo sentito una volta mentre il mare scuro e profondo e misterioso sotto i piedi trasportava quel barcone grande quanto mille balene bianche verso un porticciolo di pescatori di un piccolo villaggio della provincia sarda.

Cosa né sai, le avevo detto , cosa né sai Adesso, mentre prima di dormire sento il cuore dentro battere come un tamburo picchiato dalle mani di mille negroni possenti e i miei occhi sono lucidi e umidi di malinconia e ricordi e amore rubato strappato come un bimbo dalle braccia della madre, adesso che ascoltando le tue urla la tua voce tremante i tuoi lamenti i tuoi dolori non capisco cosa succede e dove’è finito il sorriso accecante dei tuoi occhi caffè delle tue espressioni bizzarre e sconce buffe disneyane e il tempo scorre e non cambia niente e mi sembra di impazzire, cosa né sai della luce con cui mi hai travolto la prima volta che ho appoggiato le mie labbra alle tue..e altre cose ancora le avevo detto nella mia testa, un attimo prima di dormire

Un filo di luce aveva attraversato la tenda azzurra, un nuovo giorno, di quelli incerti in cui puoi immaginarci dentro tutto ciò che vuoi e passare le ore a riempirlo di ciò che hai immaginato nel tempo scandito dall'orologio degli Dei.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Ormai sono i tuoi post a scandire il mio di tempo...grazie...continua sempre così!! Ti voglio bene! Ilaria

Anonimo ha detto...

Bellissimo...