martedì 21 aprile 2009

Sex and the dreamers



Siamo arrivati nella città eterna e ci sembra bellissima la composizione di pietre e storia e luci e clacson impazziti ogni alba di verde dei semafori e la figa in giro per le strade -quanta figa e culi alti e sodi e tette strette nei maglioni a collo alto, quante donne e storie misteriose tra i viali alberati di Roma – Quali viali alberati ?- dico a Giovanni che recita come un attore di vecchi film in bianco e nero. Respiriamo libertà mentre passeggiamo, panino e birra in mano e passi lenti e occhi che si perdono tra le meraviglie della città eterna.

- Avevo pensato di sapere in ogni momento la cosa giusta da dire alle persone, come prenderle, come farle sorridere e come sorprenderle, come tenere viva la conversazione o almeno così mi sembrava o almeno così mi dicevano le persone che mi trovavo davanti. Poi avevo smesso, mi era sembrato di aver esaurito le forze all’improvviso e avevo smesso cazzo, avevo smesso di avere sempre una risposta a una domanda. Ero diventato più silenzioso e mi spaventava e imbarazzava e mi faceva incazzare ma ora è tutto diverso, di nuovo diverso, capisci? È tutto come prima -. Non provo disagio con Giovanni, mai disagio, parlo, quando ho voglia di parlare parlo, senza la necessità di riempire ogni secondo di coprire ogni silenzio con delle parole però. Muti a volte, uno accanto all’altro e star bene comunque, sentirci sereni, tranquilli, rilassati, a nostro agio. Respirare il tempo è semplice con Giovanni.

Entriamo in un locale dai ritmi brasiliani e un sacco di gente allegra io e Giovanni, ci entriamo io e il mio compagno Giovanni, che domani andremo a cercare Odair, domani, - Oggi figa – mi dice lui che sembra aver già dimenticato il suo primo amore romano, sembra averlo dimenticato. Accendo un sigaro e mi guardo intorno e incrocio gli sguardi di uomini e donne e del mio compagno che con un cappello bianco in paglia da Cow Boy si butta sugli alcolici e beve e fa conoscenza con la cameriera e ci parla seduto al bancone come la conoscesse da sempre, da altre vite.

E c’è una sala in fondo al locale, una sala con le pareti dipinte, semibuia, con luci soffuse e colorate e la gente qui balla vicina, tanto vicina e le ragazze sono sudate e provocanti e magre certe e lunghe e grasse e multiple alcune e hanno voglia di divertirsi, di vivere alcune e - mi butto stavolta, mi lancio - per una volta e torno al bancone e bevo due birre poi torno nella sala e mi lancio come la pietra di una fionda, mi lancio, e ballo e sfioro seni e sono eccitato e passo la sera a cercare lo sguardo di una ragazza affascinante, affascinante nelle movenze e nella carne che mostra. E passo la sera a cercare lo sguardo di una donna che mi sorride e che nasconde un segreto sotto quella gonna cortissima e vorrei conoscerlo quel segreto e scoprirlo quel segreto ma arriva mattina che è rimasto nei miei sogni e non so neanche dov’è finita quella donna che era un cestino di frutta, una macedonia di frutta era quella donna mentre ero ubriaco, così mi sembrava e Giovanni nemmeno so dove è finito e allora torno al nostro ostello e mi addormento con la luce del primo sole del mattino e con in testa il frutto proibito con cui avrei voluto fare colazione. Dormo.


- Quando andiamo da Odair? – mi dice il mio compagno omertoso Giovanni – Come ti senti? – mi dice - Potremmo cercare un lavoro qui per un po’ e guadagnarci da vivere e la sera andare a donne, innamorarci delle donne che questa terra ci vuole donare e sistemarci qui per un po’. Potremmo chiamare Otero e Pizza e farli venire qua con noi, che dici? A giorni li chiamo magari, che dici? – dice lui che sa prendersi cura dei nostri sogni..

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